Parasonnie e ipnosi

 Parasonnie e ipnosi

Parasonnie e ipnosi

Oltre alle terapie farmacologiche anche l’ipnosi può rappresentare una modalità terapeutica per le persone che soffrono di automatismi e comportamenti associati ai disturbi del sonno.

Uno studio retrospettivo messo a punto da alcuni ricercatori americani si propose di valutare gli effetti del trattamento ipnotico su diversi pazienti affetti da parasonnie.
L’aspetto metodologico della ricerca prevedeva di reclutare 27 soggetti adulti con problemi di sonnambulismo e terrore notturno. Presso il Centro del Sonno dello stato del Minnesota negli Stati Uniti, lo staff di esperti effettuò una valutazione clinica comprensiva di storia del ciclo sonno-veglia dei pazienti e di un esame del loro stato mentale, sia da un punto di vista neurologico che da quello psichiatrico. L’intera visita fu inoltre integrata dalla somministrazione di un vasto questionario, dall’esame della passata documentazione medica dei pazienti, dalle registrazioni videopolisonnografiche notturne e dall’emissione di stimoli uditivi indotti durante il sonno ad onde lente allo scopo di riprodurre reazioni simili allo stato sonnambulico o al terrore notturno.
Per misurare le risposte dei pazienti fu utilizzato il Test HIP (Hypnotic Induction Profile), una scala a 16 punti che prevedeva una breve induzione ipnotica, un’alterazione della memoria e della percezione e una suggestione post-ipnosi. La maggior parte dei soggetti in esame non avevano mai sperimentato questa semplice tecnica di esercitazione che oltre ad essere di facile apprendimento non prevede alcun effetto iatrogeno sulla salute del paziente.
I 27 pazienti, 19 uomini e 8 donne, avevano un’età compresa dai 18 ai 51 anni; 8 di loro presentavano sintomi primari di sonnambulismo mentre altri 4 riportavano entrambi i disturbi. L’anamnesi di più della metà dei soggetti rivelava la presenza di problemi psichiatrici tra cui depressione, abuso di alcool o droga (o remissione di vecchia data della dipendenza), ansia generalizzata, disturbi fobici e deficit attentivi. L’altra metà del campione non riportava alcun disturbo patologico. In 18 pazienti, l’anamnesi familiari risultava positiva alle parasonnie. Furono eseguite diverse registrazioni polisonnografiche e fu riscontrato come il sonno di alcuni pazienti fosse segnato da svariati risvegli bruschi seguiti da comportamenti confusi e agitati. Per quanto riguarda la tecnica terapeutica utilizzata, l’ipnosi venne presentata come metodo di miglioramento dell’autocontrollo. La trance ipnotica veniva indotta con una tecnica comunemente usata di suggestione e di chiusura degli occhi, seguita da rilassamento e dalla sensazione di galleggiare in aria. Ai pazienti veniva chiesto di visualizzare se stessi in un luogo piacevole e confortevole dove potevano trovare uno schermo immaginario su cui guardare un film a rallentatore che li rappresentasse mentre dormivano tranquillamente e pacificamente per un’intera notte.
L’induzione iniziale condotta in laboratorio veniva registrata su audiocassette della durata di circa venti minuti che potevano poi essere utilizzate come istruzioni per l’autoipnosi da effettuare a casa. Le suggestioni post-ipnotiche comprendevano esercizi per ottenere un sonno riposante senza il minimo movimento e aumentare di conseguenza la sicurezza personale riducendo l’ansia. Le istruzioni dovevano proseguire anche durante la pratica autoipnotica condotta al proprio domicilio; ai pazienti veniva infatti richiesto di utilizzare l’ipnosi due volte al giorno e almeno una volta alla sera prima di coricarsi a letto. Fu inoltre programmata una sessione di follow-up di rinforzo, utile per poter valutare eventuali cambiamenti. Fra i pazienti che avevano partecipato ad una sola sessione di trattamento, alcuni ammisero di aver interrotto l’autoipnosi a causa degli scarsi benefici ottenuti sebbene questa conclusione non concordasse con quanto affermato dalle loro mogli che invece notavano la scomparsa di episodi sonnambulici nei mariti quando riuscivano a convincerli ad esercitarsi con l’ipnosi. Il resto del campione testato riportò invece immediati miglioramenti.
Dopo un periodo di tempo che andò dai 6 ai 36 mesi, i pazienti furono nuovamente contattati e intervistati per indagare gli eventuali benefici ottenuti grazie all’ipnosi. Dai questionari autosomministrati furono riscontrati significativi miglioramenti, soltanto sette pazienti risposero che i loro sintomi non erano cambiati, mentre nessuno era peggiorato; la frequenza degli episodi era diminuita se non sparita completamente. L’unica persona che presentava un punteggio negativo finale pari a zero, dichiarò di non ricordare nessuno degli eventi parasonnici occorsi; fin dall’inizio del trattamento il paziente in questione si mostrò scarsamente motivato alla terapia essendo giunto al Centro del Sonno con il solo scopo di tranquillizzare la consorte. Non riportò cambiamenti significativi sebbene la moglie affermò che il marito riusciva a prevenire gli episodi se prima accettava di sottoporsi all’autoipnosi.

In conclusione dello studio gli autori poterono affermare che il trattamento ipnotico si rivelò utile nella maggior parte dei pazienti studiati. Nonostante ciò molti di loro sostennero che i benefici derivassero prevalentemente dall’aumentata capacità di controllare i comportamenti agitati e la deambulazione notturna piuttosto che dall’eliminazione dei risvegli. I pazienti erano consci di svegliarsi occasionalmente nel cuore della notte e nel momento in cui realizzavano di essere scesi dal letto, ritornavano a coricarsi senza compiere nessun’altra azione. Questa risposta comportamentale, seguita alle sessioni di ipnosi, permise di ridurre e in alcuni casi di eliminare gli agiti impulsivi ed aggressivi caratteristici delle parasonnie.
Altri fattori come la riduzione di stress e il senso di rilassamento esperito, favorirono il reiterato utilizzo della tecnica ipnotica. Soltanto sei pazienti fra quelli migliorati non continuarono la pratica ipnotica, tranne nei periodi nei quali erano sottoposti a maggior stress; esercitandosi prima di coricarsi a letto, riuscivano a prevenire gli eventi sonnambulici. I risultati finali hanno evidenziato come l’ipnosi possa essere considerata un trattamento utile, semplice e non invasivo, in grado di ridurre i comportamenti potenzialmente pericolosi correlati ai disturbi del sonno.

Fonte: psychomer.it