Amnesia e memoria infantile

Amnesia e memoria

Secondo Sigmund Freud dimentichiamo quanto è avvenuto nel corso della prima infanzia perché vengono repressi i primi ricordi legati alla sessualità infantile, inammissibili e quindi rimossi nel corso della crescita. Questo sarebbe il motivo, secondo la psicoanalisi, per cui i primi ricordi risalgono, al massimo, agli anni della scuola dell’infanzia, anche se in realtà è estremamente difficile che questi frammenti della memoria siano databili.
Al giorno d’oggi, questo fenomeno, noto con il termine “amnesia infantile”, viene spiegato con la maturazione tardiva che caratterizza tutte le funzioni cognitive, dall’attenzione alla memoria.
Nel parlare di amnesia infantile bisogna tenere anzitutto presente che la memoria ha forme diverse: la forma più precoce, che matura già nel corso della vita intrauterina, è la “memoria di riconoscimento”, una memoria che fa sì che a partire dal settimo mese di vita fetale il piccolo sia sensibile alla voce materna, che viene trasmessa attraverso le pareti addominali e possa riconoscerla e preferirla sin alla nascita. A partire dai primi mesi di vita matura la “memoria procedurale”, legata al “sapere come fare” quei gesti e procedure motorie utili ad afferrare un oggetto, tirare a sé i piedini e, successivamente, muovere i primi passi. Le memorie procedurali sono memorie precoci e robuste, automatismi codificati in strutture sottocorticali, resistenti all’usura del tempo, al contrario della memoria semantica che è legata al linguaggio, ai significati, a complessi processi cognitivi. Ma prima di questa forma più sofisticata di memoria si sviluppa, a partire dagli 8-9 mesi, una “memoria rappresentativa”, che consente al lattante di tenere in mente il luogo dove ha visto nascondere una pallina o il posto dove si è appena nascosta la mamma verso cui gattona sicuro.

La memoria semantica

La vera rivoluzione della memoria si verifica però a partire all’incirca dal secondo anno con lo sviluppo del linguaggio : si tratta della memoria semantica , legata all’apprendimento dei nomi della sintassi, della conoscenza sul mondo che ci circonda.
Questa vera e propria svolta cognitiva si accompagna a una profonda trasformazione cerebrale: le cellule nervose fabbricano un’enorme quantità di sinapsi, i minuscoli bottoni attraverso cui i prolungamenti dei neuroni, assoni e dendriti, entrano in contatto con i prolungamenti o i corpi cellulari di altre cellule nervose. La produzione di sinapsi è superiore di circa il 150% rispetto a quella che si verifica nel cervello di un adulto. Le sinapsi vengono prodotte a ogni età della vita per sostituire quelle esistente o per creare nuovi circuiti, unioni tra neuroni e neuroni essenziali a registrare memorie, ristrutturare apprendimenti, ecc. Tra il primo e il secondo anno di vita, però, la produzione sinaptica è enorme, in quanto il cervello di un bambino deve far fronte a nuove e importanti attività come acquisire nuovi vocaboli, imparare regole grammaticali, assortire eventi, esperienze, memorie in categorie, classificandole secondo disparati criteri.
Come spesso avviene quando il cervello è fortemente impegnato in una particolare funzione o attività cognitiva, altre funzioni vengono poste in attesa, “silenziate”. L’esplosione linguistica, detta anche esplosione nominativa, fa sì che la “memoria episodica” e quella “autobiografica” (una sorta di film in cui vengono posti in sequenza i fotogrammi – episodi della propria vita) stentino a decolare: è pertanto difficile, quando si scende al di sotto del terzo anno di vita, che ci si ricorda di fatti ed eventi, per esempio delle caratteristiche del nido d’infanzia o della nascita di un fratellino, proprio a causa dell’instabilità e dell’immaturità del cervello infantile. Nel corso di quella che potremmo chiamare la “tempesta sinaptica” le connessioni tra neuroni sono infatti instabili e quindi la formazione di tracce legate a memorie episodiche è ancora aleatoria. A ciò si aggiunga il fatto che dal punto di vista cognitivo, un conto è memorizzare nomi e iniziare ad assimilare regole linguistiche, un altro è sviluppare un punto di vista dall’esterno che consenta al bambino piccolo di cogliere il senso delle esperienze e, di conseguenza, sviluppare una rappresentazione di sé. Oggi numerosi psicologi dello sviluppo sottolineano come un bambino sia in grado di organizzare le proprie memorie soltanto quando sviluppa una rappresentazione esplicita di se stesso, un processo che ha inizio a partire dai 2 anni di vita. I ricordi, inoltre, devono essere raccontabili, il che non dipende soltanto dallo sviluppo del linguaggio ma anche dalla capacità di raccontare agli altri le proprie esperienze. Nei primissimi anni di vita, inoltre, la memoria ha caratteristiche contestuali: per ricordare qualcosa il bambino deve preferibilmente trovarsi nello stesso contesto in cui si è verificata una particolare esperienza: in seguito, a partire dai 3 anni, sarà in grado di ricordare al di fuori del contesto specifico.
L’amnesia infantile dipende però anche dal fatto che non sono tanto gli adulti quanto i bambini stessi a dimenticare facilmente il passato, come hanno notato due psicologhe , Bauer e Larkina, che hanno chiesto a bambini dell’età di 5 anni di ricordare eventi lontani: i bambini potevano risalire ad alcuni ricordi databili intorno ai 18 mesi, ma quando venivano nuovamente interrogati all’età di 8-9 anni avevano generalmente dimenticato quanto invece ricordavano tre – quattro anni prima.

Il Binding
Quando si considera l’amnesia infantile, e più in generale la memoria di un bambino, bisogna inoltre tener conto del fatto che le memorie che si formano nel corso dell’infanzia sono diverse da quelle che si creano nell’adulto, sia dal punto di vista della loro durata, sia dei contenuti. In particolare nel corso della prima infanzia in numero e il tipo di dettagli ricordati è decisamente scarso. Questa carenza è legata alla limitatezza del cosiddetto “binding”, la mancanza di integrazione tra i vari aspetti di un’esperienza: nell’adulto un ricordo fa parte di una trama molto vasta (tempi, luoghi, esperienze affini, interpretazioni, ecc.), mentre un bambino le esperienze rassomigliano a una fotografia po’ sfocata e decontestualizzata sin quando non si verifica una integrazione (per esempio, si associa un uccello alla presenza di ali, penne, nido, volo, ecc.). Anche questa integrazione dipende dalla progressiva maturazione della corteccia cerebrale.

Autore: Alberto Oliverio
Fonte: Psicologia contemporanea